X Factor

La Sкaßalqaatsaя ha scritto:xkè ke aveva detto?? sono quelli che diceva che erano meglio  dei uan dairecshion?

Tu sei l’unico della vecchia scuola di «X Factor», sei ancora carico?

«Io sono sempre molto ben predisposto nei confronti della gara e dell’occasione che si presenta per il pubblico: quella di avere delle informazioni musicali. La gente mi conosce, sa come lavoro: io sono una mitragliatrice musicale. Mi piace buttare fuori le informazioni. A volte vengono ben usate. “X Factor” è un’occasione per il pubblico, infatti quelli che mi vogliono bene lo fanno perché hanno imparato qualcosa».

Quindi «X Factor» per te ha una funzione didattica?

«Sì, nonostante non sappia di averla. Ma quando non ci sono io, non ce l’ha! Quando non ci sono io, è un semplice talent show! (Ride) Sono io che ho una funzione didattica, e infatti sto aprendo una scuola di musica».

Ah sì? Dimmi di più.

«Aprirò la mia scuola di musica nella mia città, Monza, dove il sindaco mi ha assegnato degli spazi comunali. Io voglio una scuola in cui è molto difficile entrare: la selezione non è dettata dalla possibilità economica, ma da esami attitudinali. Se sei veramente capace e te lo meriti, entri nella mia scuola, che è fatta di musica e tecnologia. Cioè, voglio insegnare anche a scrivere la musica con il computer, una cosa in cui sono un luminare».

Che lezioni hai imparato in queste edizioni di «X Factor»?

«Che non per forza fare musica significa fare musica commerciale. Fare musica significa vivere con la musica. Io ho solo 42 anni e ho vissuto relativamente poco ma ho capito una cosa: il pubblico è la parte sana dell’equazione, la parte meglio disposta. Gli addetti ai lavori sbagliano perché credono di sapere cosa vuole il pubblico, e invece non sanno che il pubblico vorrebbe cose più interessanti. I media sono convinti che il messaggio debba livellarsi al più basso per essere “largo”. E invece non sanno che la gente non vede l’ora di ascoltare cose che non ha mai sentito. Prova a ragionare: chi è distratto, lo sarà comunque, che tu gli dica una cosa interessante o una banalità. E allora tanto vale dirgli una cosa interessante!».

Che effetto ti fa avere i gruppi vocali?

«Non bado tanto alla categoria, perché dipende dai pezzi che fai fare. I gruppi sono complessi da gestire, ma sono interessanti perché ci sono più persone: io credo che la differenza la faccia l’essere umano».

Che lavoro stai facendo con i gruppi?

«Quest’anno cercherò di trasformare in pop alcune idee provenienti dalla musica classica. Credo che quest’anno avrò questa linea guida. Siamo un po’ alla deriva a livello di invenzione, di novità. Si deve ricominciare da capo, resettare, ma qualcosa va salvato».

E tu cosa vuoi salvare?

«Certe sonate di Beethoven, alcune arie di opera, tutta la musica tardo-romantica, la scuola dei cinque russa, la musica pianistica, Listz, Wagner. Tanta bella roba».

E come ci sta tutto questo in «X Factor»?

«Ce lo facciamo stare. Ti ricordi che c’era il Dies Irae di Verdi come sigla, oppure i Carmina Burana? La musica classica c’è sempre stata nel programma. La musica è una cosa seria. Anche quando la musica è leggera può essere fatta in modo serio. La musica è un patrimonio, non solo dell’arte, ma anche dell’economia italiana. In America l’entertainment è il primo settore a livello di rendite per lo Stato, forse dopo gli armamenti. In Italia non è così».

Come mai, secondo te?

«Perché non ci riflettiamo tanto. Siamo la quinta nazione venditrice di dischi al mondo, vuol dire che abbiamo una grande occasione ma che ci sottovalutiamo. Vogliamo imitare gli altri. Ma pensiamo che l’arte è appannaggio dell’Italia, perché il 70% del patrimonio mondiale è nel nostro Paese, abbiamo i musei, l’Opera, i cantanti, i musicisti, le grande idee, i liutai più bravi del mondo, i costruttori di pianoforte. Abbiamo tutte queste cose che non sappiamo sfruttare. Dobbiamo cominciare a mettere a fuoco e continuare a battere il ferro, a ribadire».

A parlare di musica il più possibile.

«Parlare di musica, esatto! E chi lo può fare, se non io?».