il monolite nell'occhio
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Messaggio Da sturmunddrang Lun 10 Set 2012 - 21:08

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Messaggio Da miss marple Sab 15 Set 2012 - 8:33

http://canali.kataweb.it/kataweb-consumi/2012/09/12/contatti-banca-cliente-cresce-luso-del-web-e-dei-social/?ref=HRSN-4

HOME BANKING, LO STUDIO DELL'ABI
Contatti banca-cliente, cresce l’uso del web e dei “social”
Sono sempre di più le banche che gestiscono il customer care via chat, posta elettronica e social network. Il rapporto Abi indica come i nostri istituti di credito abbiano seguito gli italiani su quella che ormai è la strada maestra: la comunicazione digitale. E soprattutto, immediata
Il rapporto con la banca è sempre più “social”. A rivelarlo è l’analisi redatta dall’Osservatorio sui contact center bancari condotto da Abi Lab e dall’Ufficio analisi gestionali dell’Abi (Associazione bancaria italiana), secondo cui tra il 2010 e il 2011 si è avuto un boom dei contatti via chat (50,4%, per un totale di 1,6 milioni di contatti in un anno) e social network. Si utilizza il web per operare sul proprio conto corrente on line, ma anche per chiedere informazioni sui prestiti migliori e sugli altri prodotti bancari. Nonostante questa sorprendente crescita registrata nell’utilizzo dei social media (chat, forum e community in primis), la maggior parte dei contatti con le banche continua ad avvenire telefonicamente (circa 51 milioni nel periodo 2010-2011).

Secondo quanto emerge dal rapporto Abi, sempre più banche utilizzano le chat e i social network come canale privilegiato di customer-care: sono, infatti, circa il 78% gli istituti bancari che hanno già puntato sui social media o hanno intenzione di farlo entro la fine dell’anno. In particolare, nel periodo compreso fra il 2010 e il 2011, i contatti via e-mail e chat sono stati 1,6 milioni (+50,4%).

Fra gli strumenti di comunicazione utilizzati dalle banche, quello che ha registrato l’aumento più consistente è stata la chat pubblica, che è passata dal 39% del 2010 al 56% del 2011. A seguire troviamo la video chat, i forum e le community online, che sono aumentati di ben 11 punti percentuali (dal 22% al 33%). Nonostante questi dati, l’88% dei contatti con la banca continua ad avvenire telefonicamente (in due casi su tre il servizio di assistenza clienti è demandato ad un operatore) ed è motivato per lo più da esigenze informative e di assistenza.

Un’altra evidenza emersa dal rapporto Abi riguarda i servizi di mobile banking, offerti dalla maggior parte delle banche italiane (più del 70%). Ciò è motivato anche dal fatto che, nel periodo considerato dall’analisi Abi, gli utenti che accedevano tramite smartphone alle piattaforme di online banking (App e Mobile Site) sono aumentati di oltre il 300%.

Con la diffusione degli smartphone (in Italia ci sono circa 25 milioni di esemplari, un numero destinato a crescere di un ulteriore 30% nell’anno in corso) e dei tablet, più delle metà delle telefonate ai servizi di customer-care (52,2%) è avvenuto tramite dispositivo mobile (cellulare o tablet).

Secondo i dati raccolti da Abi, gli operatori dei contact center parlano mediamente 3,1 lingue straniere. Scendendo nel dettaglio, l’inglese si riconferma nuovamente come la lingua più parlata (95%), seguita dal tedesco (74%), dal francese (68%) e dallo spagnolo (42%). Aumenta, infine, la quota degli operatori che parlano il cinese.

(12 Settembre 2012)

Che sia il parlare un'altra lingua, ilsegreto per farsi dare un mutuo? mah Very Happy
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Messaggio Da miss marple Lun 17 Set 2012 - 16:49

http://www.corriere.it/esteri/12_settembre_16/google-censura-variabile_6853cb10-ffc6-11e1-8b0a-fcb4af5c52c7.shtml
Google, il film «blasfemo» e la censura variabile

Nei Paesi sensibili
Google, il film «blasfemo» e la censura variabile
Dopo la decisione di Google di bloccare il video incendiario in alcuni Paesi

Google ha respinto la richiesta della Casa Bianca di rimuovere da YouTube il film «blasfemo» su Maometto che ha incendiato un pezzo del mondo islamico. Si è limitata a bloccare il video in India e Indonesia. Ma, con il protrarsi dei disordini, ha oscurato il trailer in Libia e in Egitto. È questa la cupa realtà di una libertà di parola a «geometria variabile».

Dall’utopia di Internet che con la sua comunicazione istantanea e onnipresente abbatte i muri illiberali eretti dai dittatori, alla cupa realtà di una libertà di parola a «geometria variabile», limitata selettivamente in alcuni Paesi con decisioni discrezionali. E i censori non sono i governi ma YouTube, Google, Twitter e Facebook: i signori della Silicon Valley. Il caso del trailer di «Innocence of Muslims », il film che ha incendiato un pezzo del mondo islamico con la sua raffigurazione di un Maometto truffatore donnaiolo e pedofilo, è l'esempio estremo, ma anche l'ennesimo, di un problema noto da tempo: l'impossibilità di mantenere, nel mondo della comunicazione digitale e globalizzata, una visione della libertà d'espressione universale e assoluta, applicata ovunque nello stesso modo. Quando, martedì scorso, la Casa Bianca ha chiesto a YouTube di ritirare un video ripugnante e offensivo per tutti i musulmani, la società ha risposto con rifiuto: l'azienda si è data un codice per cancellare i filmati diffamatori, quelli che incitano alla violenza, i video che descrivono con compiacimento atti efferati. Offendere sensibilità religiose, rischiare di alimentare sommosse non rientra in questi criteri. Google, la società che controlla YouTube, si è limitata a bloccare il video nei Paesi—come l'India e l'Indonesia—nel quale la diffusione di immagine offensive di quella natura è un reato.

Poi, però, col protrarsi dei disordini, Google è intervenuta di nuovo oscurando momentaneamente il video in Libia e in Egitto «in considerazione della delicatezza della situazione » che si è creata in quei Paesi. Anche Facebook ha adottato interventi restrittivi, cercando di non dare troppo nell'occhio, mentre Twitter ha già da tempo adottato la strategia della «geometria variabile »: i suoi addetti di volta in volta decidono in quali Paesi lasciar circolare e in quali bloccare i messaggini più controversi.

Secondo alcuni avvocati per la difesa dei diritti civili quella di Twitter è una scelta intelligente: un modo di rendere visibile e «trasparente» la censura, mettendola sotto gli occhi di tutti. Un atto censorio che sarebbe al tempo stesso anche una denuncia, insomma. Ma per Forbes Google e gli altri, quando fanno interventi discrezionali sicuramente giustificati dalla necessità di arginare le violenze, si mettono su un sentiero scivoloso: dal Pakistan alla Tunisia fino alla lontana Australia dove gli islamici sono pochissimi, mezzo mondo è in fiamme, col pretesto di quel video. Chi decide quali sono le situazioni di «particolare delicatezza» che giustificano un intervento censorio, sia pure temporaneo? Salar Kamangar, il biologo nato a Teheran e cresciuto in California, classe 1977, che è amministratore delegato di YouTube? Larry Page, il capo di Google che col suo algoritmo ha cambiato il mondo e che nelle sue scelte si affida più volentieri alle formule matematiche che all'intuizione? O il presidente della società di Mountain View, Eric Schmidt, il manager più anziano ed esperto che però, coi suoi stretti rapporti con l'Amministrazione Obama, può far pensare a una non piena indipendenza di Google? E' proprio il caso di affidare a un pugno di ragazzi geniali, soprattutto ingegneri e matematici imbevuti della cultura libertaria californiana, la misurazione di quel «clear and present danger», un pericolo imminente e immediato, che può giustificare l'introduzione di un limite alla libertà d’espressione? La questione è stata fin qui sempre accantonata e ogni azienda è andata per la sua strada: in Cina Google ha deciso di non piegarsi alla censura del regime e ha trasferito uffici e server a Hong Kong, mentre altri siti hanno addirittura rivelato alle autorità l'identità di utenti autori di messaggi anti-regime. Che sia impossibile difendere sempre e ovunque tutti i messaggi in un mondo pieno di facinorosi e provocatori oltre che di uomini di buona volontà, lo sappiamo da tempo.

Ma, non avendo soluzioni a portata di mano, abbiamo sperato che le aziende digitali riuscissero a venirne fuori limitando gli interventi censori a pochi casi estremi. Ma i casi si moltiplicano e le decisioni da prendere sono sempre più complesse e discutibili. Come in Turchia dove, nel 2007, il governo chiese a YouTube di cancellare un filmato considerato offensivo nei confronti di Ataturk, il padre della Patria. La società rifiutò e allora intervenne la magistratura turca oscurando non solo il filmato ma tutto il sito. Un altro rifiuto di Google, nel 2010, spinse i giudici del Pakistan a mettere fuori legge e bloccare un cartone animato satirico su Maometto. Quanto ai filmati di incitazione alla violenza ispirati da Al Qaeda, due anni fa le società di Internet ignorarono le pressioni dei governi occidentali: li bloccarono solo dopo un duro intervento del ministro dell' Interno inglese che li definì un'apologia degli omicidi a sangue freddo. Non si tratta solo di religioni, culture differenti, conflitti di civiltà: Google può avere diverse regole di comportamento anche in Occidente e, addirittura, nel suo perimetro aziendale: la propaganda filonazista, notava ieri il Washington Post, è assente dal sito tedesco Google.de, ma fiorisce indisturbata in quello americano Google.com. E la violenza sugli animali, cancellata da tutti i filmati di YouTube, può, invece, essere vista sul sito della società capogruppo, Google, attraverso il suo motore di ricerca.

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Messaggio Da miss marple Lun 17 Set 2012 - 16:53

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/09/14/gomez-maltese-rete-memoria-menti-vieni-beccato/204944/

“La rete dev’essere credibile e la credibilità in rete te la costruisci personalmente, non te la può creare una società di marketing“. Lo ha dichiarato il direttore del Fattoquotidiano.it, Peter Gomez, durante “Piazza Pulita”, su la7, nel corso di un dibattito con Curzio Maltese sul potere di internet. Secondo l’editorialista de “La Repubblica”, la rete è assolutamente manipolabile e in una paese come l’Italia persone come Casaleggio sfruttano questa falla. Diversa è l’opinione di Gomez: “La rete è un mezzo che ha memoria” – ribatte – “se menti, vieni beccato. Se, ad esempio, Luciano Violante fa una dichiarazione, in rete puoi trovare filmati che potrebbero smentirlo”. E aggiunge: “La rete ti perdona pochissime cose ed è difficile fare politica quando un mezzo ha memoria, perchè devi stare attento a quello che dici, a chi frequenti, a cosa hai fatto nel tuo passato”
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Messaggio Da La Sкaßalqaatsaя Lun 17 Set 2012 - 18:43

prblematiche entrambe interessantissime.

mi chiedo però : se una società di comunicazione, come può essere twitter, decide che in una determinata area va messo un filtro censorio, come girano le notizie? le notizie riguardanti la primavera araba sono arrivate in occidente tramite twitter perchè bypssava internet che era completamente o parzialmente oscurato. se si bloccano le reti di informazione e di diffusione, per sicurezza, è più difficile avere notizie di prima mano. quindi è più facile manipolarle e di conseguenza sfruttarle
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Messaggio Da sturmunddrang Lun 17 Set 2012 - 19:34

Sicuramente google youtube ecc, fanno la parte del leone, però penso che internet non sia identificabile esclusivamente con questi grandi gruppi, ci sono miriadi di altri canali magari piccoli e semisconosciuti, ma che garantiscono la possibilità di evitare un controllo totale del sistema.
Senz'altro la circolazione delle notizie è minore, ma se paragoniamo a cosa era l'informazione prima di internet, c'è solo da benedire quest'invenzione.
La censura penso che sia ineliminabile, è un tira e molla tra chi non vuol far sapere e chi vuole sapere, cambiano gli strumenti e gli argomenti ma non credo che scomparirà mai. Secondo me fa proprio parte della società umana, esiste nella minima cellula della famiglia come nei livelli più alti.
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Messaggio Da miss marple Mar 18 Set 2012 - 13:20

Il sistema di google viene considerato ''democratico'' perchè censura cioò che viene indicato dagli utenti. Ora, il discorso è: in democrazia non deve vincere la maggioranza? ora se un video viene segnalato da 500 persone su per dire 50.000 visualizzazioni, cosa si deve fare?
Il margine di errore nella censura mi sembra molto alto
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Messaggio Da miss marple Mar 18 Set 2012 - 13:43

http://www.corriere.it/spettacoli/12_settembre_13/canzoni-tirate-per-la-giacchetta_631cb146-fd5c-11e1-ae02-425b67d1a375.shtml

Le canzoni tirate per la giacchetta
Quando i musicisti dicono basta
Il «no» dei Rem alla copertura della Foxnews su Obama,
il consiglio di Jovanotti a Veltroni e lo stop degli Abba


«A mia insaputa». La giustificazione più frequentata dalla politica per autoassolversi da qualunque accusa - nel florilegio di case, affitti, auto, ristrutturazioni, conti bancari, assegni - nelle mani di cantanti e gruppi musicali torna ad avere il suo significato originario: «senza che qualcuno lo sappia o lo sapesse». Di mezzo ci sono ancora una volta i partiti politici che spesso si appropriano di canzoni riuscitissime di cantanti riuscitissimi da utilizzare come simbolo musicale per convention, campagne elettorali, raduni di partito, congressi.
La canzone è mia e me la gestisco io. In principio fu Bruce Springsteen che a metà degli Ottanta proibì all'allora presidente Ronald Reagan di farsi accompagnare nelle sue uscite elettorali da «Born in the Usa». Questione di opportunità; lui, il Boss, da sempre vicino ai democratici non voleva che in qualche modo la sua canzone si confondesse con gli ideali conservatori.

Ultimi i Rem, questa volta contro una tv, Fox News. «Non abbiamo rispetto per il loro modo di fare giornalismo. La nostra musica non gli appartiene». La band - sciolta da un anno - sul suo sito internet ha denunciato l'uso non autorizzato della canzone più famosa, «Losing My Religion», durante la copertura della convention democratica. Il Mitt Romney Tour 2012 è parecchio avvelenato. Aveva già fatto infuriare i Silversun Pickups che avevano mandato una lettera di avvertimento allo staff del candidato repubblicano per vietargli di riprodurre la loro «Panic Switch» durante la campagna elettorale. Anche il cantante heavy metal Dee Snider dei Twisted Sister ha chiesto a Paul Ryan - il vice del candidato rep alla presidenza Usa - di non usare più la canzone «We're Not Gonna Take It». Che forse doveva far riflettere i repubblicani fin dal titolo: «Non lo prenderemo».

L'ultimo in ordine di tempo a lamentarsi, al Festival di Venezia, è stato Francesco De Gregori, poco convinto di come il cinema ha usato alcune sue canzoni, «spesso in modo non consenziente, passando sopra di me». Come è successo per «La donna cannone», inserita in modo improprio in un film , Il grande cocomero di Francesca Archibugi: «Non è stato un buon servizio né per il film né per la canzone». Anche lui vittima della politica: la sua «Viva l'Italia» accompagnò i congressi socialisti durante la segreteria di Bettino Craxi, di cui però lo stesso De Gregori cantava: «È solo il capobanda, ma sembra un faraone, si atteggia a Mitterrand ma è peggio di Nerone».

Ci sono anche le storie piccole come quella di un circolo milanese del neonato Partito democratico di Veltroni che sfruttò le note di «YMCA» dei Village People per creare l'inno «I am Pd», subito ritirato per timori di cause milionarie. Jovanotti ha recentemente spiegato che Veltroni sbagliò nel 2008 a usare la sua «Mi fido di te»: «Non poteva essere una bandiera per una campagna elettorale. Io glielo dissi, guarda che in realtà questa canzone parla di perdita». Inutile, infatti il centrosinistra ne uscì sconfitto.

Andò meglio nel 1996, con «La canzone popolare» di Fossati, inno della campagna elettorale del centrosinistra. Ma il cantautore poi se ne è pentito: «Desidero che le mie canzoni si rappresentino da loro, nella parole e con la musica. Ho derogato in un solo caso: per l'Ulivo a cui concessi come inno la mia "La canzone popolare". Oggi però (era il 2002, ndr ) non lo farei più». Gli Abba erano pronti a trascinare in tribunale il Partito del popolo danese, estrema destra, ramo xenofobia, che usavano la loro «Mamma mia» con tanto di modifica al testo: durante le riunioni politiche il tormentone era continuamente modificato in «Mamma Pia» in onore della leader del partito Pia Kjaersgaard... Umorismo danese.

C'è pure il rovescio della medaglia. L'inno politico che non vuole essere oggetto di satira come accaduto per «Meno male che Silvio c'è», una canzone che, secondo il suo autore, non deve essere usata in contesti diversi da quelli celebrativi a san Silvio da Arcore. Andrea Vantini, il cantautore veronese che ha composto il brano, ha fatto causa a Sabina Guzzanti (per Draquila ), alla Bbc (per il documentario The Berlusconi Show ) e a Erik Gandini (per Videocracy ) tutti colpevoli di «aver utilizzato in maniera impropria il brano "A Silvio"». Ma se scrivi «Meno male che Silvio c'è», forse te lo devi aspettare.

Renato Franco

All'ultima frase, io avrei aggiunto: se non sei Leopardi e se scrivi ''meno male che Silvio c'è'', forse te lo devi aspettare Very Happy
In un mondo che sembra faccia fatica a mettere insieme le parole per esprimere un concetto, l'uso di appropriarsi del pensiero e delle parole altrui è ormai dilagante. Il problema è che lo si fa molto spesso deconstetualizzando dal testo la frase che interessa o nel caso di una canzone per esempio prendendo in considerazione solo in titolo ( come accaduto all'inaugurazione delle ultime olimpiadi), riuscendo persino a ribaltrane il significato.
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Messaggio Da sturmunddrang Mar 18 Set 2012 - 15:11

ma poi almeno prendessero artisti e canzoni pertinenti, com'è possibile che Reagan volesse Bruce Springsteen? E pure tutti gli altri, sono fuori di testa Laughing

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Messaggio Da miss marple Mer 19 Set 2012 - 15:10


http://www.corriere.it/economia/12_settembre_19/studio-censis-societa-economia_35f3ee3e-0237-11e2-9f2e-6124d1c3f844.shtml
Lo studio Censis e il ritratto iper-familista
«Un terzo degli italiani vive con i genitori»
Il 31% degli italiani abita con la madre e il 42,3% abita ad un massimo di 30 minuti dalla sua abitazione

Un terzo degli italiani abita in casa con mamma e papà. È quanto emerge dal rapporto Coldirett/Censis «Crisi: vivere insieme, vivere meglio» che evidenzia come la crisi abbia attivato una sorta di rete di protezione familiare. Il 31% degli italiani abita con la madre e il 42,3% ha la madre che abita ad un massimo di 30 minuti dalla sua abitazione.
LA SITUAZIONE - Situazione simile per i padri: oltre il 30% degli italiani vive con papà, mentre oltre il 40% vive ad un massimo di trenta minuti a piedi dalla sua abitazione. Inoltre oltre la metà degli italiani (54%) ha i propri parenti stretti residenti in prossimità, ad un massimo di mezz'ora a piedi della propria abitazione. I dati mostrano che le famiglie italiane, anche quando non coabitano, tendono a vivere a distanza ravvicinata dalle rispettive abitazioni. Questo bisogno di vicinanza riguarda non solo i più giovani tra i 18 e i 29 anni (coabita con la madre il 60,7% e il 26,4% abita a meno di 30 minuti), ma anche le persone di età compresa tra i 30 e i 45 anni (il 25,3% coabita, il 42,5% abita nei pressi), e addirittura gli adulti con età compresa tra i 45 e i 64 anni (l'11,8% coabita, il 58,5% abita in prossimità).

«IL PRANZO DA CASA» - La crisi spinge 7,7 milioni di italiani a portarsi al lavoro per la pausa pranzo cibo preparato in casa, di questi sono oltre 3,7 milioni quelli che dichiarano di farlo regolarmente. Ben il 15% degli italiani si porta la schiscetta in ufficio per risparmiare, ma anche per essere sicuro della qualità del pranzo o semplicemente perché si preferiscono sapori e profumi casalinghi durante la pausa dal lavoro. Un'esigenza riconosciuta da molti datori di lavoro che hanno reso disponibili spazi dedicati per riscaldare il pasto e condividerlo insieme ai colleghi.


Redazione Online
19 settembre 2012 | 12:36
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Messaggio Da sturmunddrang Mer 19 Set 2012 - 15:58

il censis fa benissimo a rilevare i dati, ma i giornali presentano sempre questi studi con il sottinteso che si dovrebbe vivere soli a 1000 km e mangiando al ristorante, ma io non capisco per quale ragione si dovrebbe stare lontani, se per millenni in tutto il mondo l'organizzazione familiare è sempre stata la stessa, per ovvie ragioni di praticità, collaborazione, ecc.
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Messaggio Da miss marple Gio 20 Set 2012 - 13:30

Prima pagina Ebbets-charles-c-uomini-su-trave

questa foto festeggia quest'anno gli 80 anni
oggi sembra pazzesco che si potesse lavorare a quelle altezze senza sistemi di sicurezza....poi addirittura farci la pausa pranzo Shocked sudo freddo
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Messaggio Da miss marple Sab 22 Set 2012 - 11:48

Corriere della Sera > Politica > L'aperitivo da 1.450 euro del consigliere
GIUNTA POLVERINI. I FONDI PUBBLICI PER PAGARE RISTORANTI E ALBERGHI
L'aperitivo da 1.450 euro del consigliere
La nota spese dell'ex capogruoppo del Pdl. L'agenda di Battistoni: 4 volte in aula al mese ma cene da 5 mila euro


Battistoni in giunta sulla sinistra (Ansa)
ROMA - Chi vuol essere consigliere? Prima di rispondere è bene conoscere i dettagli di questa vita faticosissima che almeno alcuni tra i rappresentanti regionali del Lazio sembrano aver sopportato. Mica da tutti districarsi tra le cene al «Pepe Nero», i viaggi, gli alberghi. E poi gli «aperitivi rinforzati» alle Terme



Francesco Battistoni
Chi vuol essere consigliere? Per avere un termine di paragone: chi potrebbe sopportare la vita fatta da Francesco Battistoni? Perso lo scranno da capogruppo, ora gli rimane la presidenza della commissione Agricoltura, le riunioni di quella della Sanità, e ovviamente tutti gli impegni legati al consiglio regionale che, in media, si riunisce una volta a settimana. Ma comunque l'ex capogruppo Pdl, successore di tanto Fiorito, adesso che non dovrà più badare alle richieste dei suoi colleghi consiglieri Pdl, sarà certamente sollevato dal veder diminuiti certi ritmi di lavoro. Si prenda, come esempio, il novembre 2011: il Consiglio si riunisce cinque volte (il 2, il 9, il 16, il 23 e il 30) e alla seduta del 2 lui è assente. Ma perché c'era il Pdl a Viterbo, la partita da giocare col rivale di zona per stabilire chi portasse il maggior numero di tessere, così lui dopo aver vinto (3.700 adesioni contro 3.500, raccontano i giornali locali) deve aver bruciato energie anche per scrivere il messaggio ai suoi: «Grazie». Di certo il tesseramento è un successo, migliaia di persone che, per lui, hanno scelto il Pdl: per via del suo impegno, della sua passione politica, certo. Coincidenza vuole che il giorno seguente, il 3, Battistoni inviti a cena - al Pepe Nero, localino vista lago di Bolsena - ottanta persone. Si può obiettare: ma il sito del locale non cita quaranta coperti? Avranno fatto i turni, come in fabbrica. Costi leggermente superiori a quelli della mensa, cinquemila euro. Comunque, nella vita del consigliere non c'è un attimo di respiro. Poco prima era stato a Tarquinia per affermare ciò che, forse, la platea aspettava di sentir dire chissà da quanto tempo: «Il vostro patrimonio culturale è un'immensa risorsa che dobbiamo valorizzare al meglio» (mette sul blog anche questa, casomai qualcuno l'avesse persa). Il 4 novembre Battistoni presenta, insieme con una decina di colleghi, la proposta di legge sulla «filiera corta» e poi, probabilmente stanco, prende una camera (la 928) all'Aldero Hotel, quattro stelle nella Tuscia Viterbese. La sera è al ristorante dell'albergo, sempre tutto da solo - dice la ricevuta - e alla fine spende 1.650 euro, bevande incluse.
Gli impegni si succedono, è impossibile citarli tutti: di certo mentre Silvio Berlusconi annuncia al Paese la sua intenzione di dimettersi dopo il ddl Stabilità, lo stesso giorno, l'8, nel Lazio arriva in commissione Agricoltura la proposta di legge sulla filiera corta. Subito dopo, il 10, ecco l'impegno per il distretto della ceramica di Civita Castellana: il consiglio approva la mozione 256 presentata, oltre che da Battistoni, da uno schieramento trasversale di consiglieri eletti nel viterbese. Una soluzione per il dramma di duemila persone in cassa integrazione? Insomma: «Il Consiglio sostiene la richiesta del Comune di Civita Castellana al Governo di riconoscere lo stato di crisi». Giusto il tempo di un'altra cenetta al Pepe Nero - sobria, 16 persone con spesa di 800 euro - e il 14 Battistoni è davanti allo stabilimento Brunelli di Aprilia per un sit in «al fianco di allevatori e pastori. L'obiettivo - annuncia - è quello di favorire il rilancio dei prodotti agroalimentari». Due giorni più tardi ottiene dal Pdl il pagamento di tredicimila euro a «Panta Cz pubblicità», per stampa e affissione di mille manifesti e così - tra sedute di partito, Consiglio e commissioni - il 25 organizza un incontro alle Terme dei Papi per un convegno-aperitivo con i militanti. Conto modesto, 1.450 euro, meno della metà di quanto pagato per la cena al ristorante «La Ripetta», 3.500 euro, del 31 dicembre. Anche se a leggere la ricevuta, sotto la data ce n'è un'altra: «Cena del 22 per auguri di Natale». Vale la pena ricordare che, ovviamente, tutte le spese sono state sostenute dal Pdl grazie ai fondi elargiti dalla Regione.
Un ultimo dato. Rivolgendosi agli elettori, in campagna elettorale, il consigliere usava spesso uno slogan: «Francesco Battistoni, come te».

questa notizia si potrebbe metterla in contrasto con la foto del ministro inglese Andrew Miller , fermato dai bobbies inglesi perchè voleva entrare in bicicletta in una zona pedonale vicina al parlamento......cioè......questo è ministro e va al lavoro in bici e lo fermano anche perchè deve andare a piedi. Vedrei bene a Roma.....curiosa di vedere come va a finire ahahno
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Messaggio Da miss marple Lun 8 Ott 2012 - 9:51


http://www.corriere.it/cronache/12_ottobre_08/quel-saccheggio-continuo-predatore-libri-gian-antonio-stella_081d7b72-110c-11e2-b61f-b7b290547c92.shtml

LE CONFESSIONI DI MARINO MASSIMO DE CARO, EX DIRETTORE DELLA BIBLIOTECA NAPOLETANA DEI GIROLAMINI
Quel saccheggio
continuo del predatore di libri
I 4.000 volumi trafugati dal delegato del ministero


La Biblioteca dei Girolamini a Napoli (Ansa)
«Mi sono ricordato un altro furto». Ogni volta che torna dai giudici per un nuovo interrogatorio il dottor (falso) professor (falso) principe (falso) Marino Massimo De Caro messo dal ministero a dirigere la biblioteca dei Girolamini, racconta di altri libri saccheggiati in giro per l'Italia. Siamo a quattromila, finora. Tra cui le uniche copie di un testo rarissimo di Galilei sostituite con dei falsi. Il più grande sacco planetario degli ultimi decenni. Che la dice lunga su come «conserviamo» il nostro patrimonio.
Ricordate? Tutto iniziò quando lo storico dell'arte Tomaso Montanari raccontò su il Fatto di avere trovato la ricca biblioteca napoletana della chiesa dei Girolamini, quella di Giambattista Vico, in un caos indescrivibile e di aver sentito voci di «auto che escono cariche, nottetempo, dai cortili». Seguivano i dubbi sul direttore nominato dal ministero dei Beni culturali, del quale Ferruccio Sansa e Claudio Gatti raccontavano ne Il sottobosco alcune storie stupefacenti. Dai rapporti con oscuri oligarchi russi ai precedenti specifici nel settore del libro antico come la relazione con la libreria antiquaria di Buenos Aires «Imago Mundi» di Daniel Guido Pastore, coinvolto in una inchiesta su una serie di furti alla Biblioteca Nazionale di Madrid e a quella di Saragozza.

Via via, su Marino Massimo De Caro, venne fuori di tutto. Che non era affatto laureato a Siena, che non era affatto principe di Lampedusa, che non aveva affatto insegnato all'Università di Verona... Tutto falso. E spacciato per vero grazie allo spazio che si era ricavato nel retrobottega della politica, come l'Associazione nazionale «Il Buongoverno» che aveva come presidente nazionale onorario Marcello Dell'Utri, segretario il senatore Salvatore Piscitelli e «segretario organizzativo nazionale il professor Marino Massimo De Caro».

Sulle prime, lui cominciò a bombardare di telefonate un po' tutti, a partire dal Corriere che aveva smascherato le bugie della laurea e della docenza: «Ma no, c'è un equivoco, quando mai...». Poi saltarono fuori i primi libri rubati e ammucchiati in giro per vari depositi. Finché il procuratore aggiunto napoletano Giovanni Melillo non gli fece mettere finalmente le manette. Dando il via a una catena di arresti saliti negli ultimi giorni a una dozzina.

Giancarlo Galan, che come sarebbe emerso aveva ricevuto lui pure in regalo un libro antico, sulla caccia, rubato ai Girolamini (a sua insaputa, ovvio...), si precipitò a spiegare al Corriere del Veneto che sì, era vero che quel predone l'aveva introdotto lui come consulente ministeriale prima all'Agricoltura e poi ai Beni culturali ma perché non poteva dire di no: «Me lo aveva presentato un uomo al quale devo tutto: Marcello Dell'Utri». Confidò: «Ammetto le mie colpe. Al suo curriculum non ho dato grande peso». Cioè? «Non ho verificato quanto c'era scritto. Non so se avesse i titoli per quell'incarico». E aggiunse: «Di libri sinceramente non ne capisco niente. E poi lui nel suo curriculum aveva scritto che insegnava a dei master a Buenos Aires e a Verona...»

Che Marcello Dell'Utri ami i libri antichi è noto. Un giorno spiegò a Lo Specchio perché avesse messo insieme una biblioteca eccezionale: «Il rapporto con libri comprende tutti i sensi. Dall'odore si può riconoscere pure il secolo di un libro, basta pensare alla spugna, alla cera che si passa, all'odore della polvere che si crea. E poi la vista: i dorsi con le incisioni in oro, i fregi particolari, la vista d'una biblioteca antica: come trovarsi di fronte a un monumento. Il tatto: la pergamena, il marocchino, il vitellino inglese, la carta vellutata, filigranata, giapponese...».

Fatto sta che, secondo la magistratura che lo ha invitato a comparire, non riconobbe l'odore di tre pezzi rubati dal suo raccomandato ai Girolamini. Per l'esattezza una edizione preziosissima del Momo, o del principe di Leon Battista Alberti, un'altra del De rebus gestis del Vico e infine una rarissima «legatura» di Demetrio Canevari. Un capolavoro che non dice molto a chi non ci capisce ma sul mercato mondiale vale una fortuna.

Eppure non sono quelli finiti nelle mani del senatore berlusconiano, che avrebbe manifestato l'intenzione di restituirli, i pezzi più pregiati. Su tutti i libri razziati dalla volpe messa a guardia del pollaio spiccano per il valore storico e commerciale, due edizioni originali di un libro di Galileo Galilei, Le operazioni del compasso geometrico e militare edito a Padova nel 1606 e dedicato a Cosimo II. Ce n'erano due sole copie, in Italia. Una nella biblioteca dell'Università di Padova, l'altra in quella dell'Abbazia di Monte Cassino. Le ha rubate tutte e due. Sostituendole, dice, con due copie costruite da un abilissimo falsario.

Il rettore padovano Giuseppe Zaccaria, saputa la notizia, è rimasto di sasso. Possibile? Il fatto è che, se non lo avesse raccontato lo stesso Marino Massimo De Caro nel disperato tentativo di collaborare con Melillo e con i sostituti Michele Fini, Antonella Serio e Ilaria Sasso del Verme, non se ne sarebbe mai saputo nulla. Su un terzo libro di Galilei fatto sparire la magistratura ha già comunque controllato. Dice una relazione alla Procura di Maria Rosaria Grizzuti: «L'esemplare del Sidereus Nuncius di Galilei presente presso la Biblioteca nazionale di Napoli altro non è effettivamente che un fac-simile sostituito all'originale».

Come diavolo faceva, quel ladrone paragonabile solo a Guglielmo Bruto Icilio Timoleone conte Libri-Carucci della Sommaia, forse il più grande saccheggiatore di libri della storia, a rubare pezzi di quel livello? Stando ai giudici, che si chiedono perché l'ispezione ai Girolamini disposta già a febbraio fosse stata insabbiata, De Caro arrivava qua e là preceduto spesso dalla telefonata di raccomandazione di Maurizio Fallace, che al ministero guidava la Direzione generale per le biblioteche. I responsabili di queste biblioteche, tutti con l'acqua alla gola per i tagli radicali alla cultura e desiderosi di parlare finalmente con un inviato del ministro, gli spalancavano le porte. Lui scendeva dall'auto blu e si faceva mostrare i pezzi migliori. Poi, in un momento di distrazione...

I libri fatti sparire, per quanto se ne sa oggi, sarebbero almeno quattromila. Le biblioteche «visitate» moltissime. I soldi incassati dal ladro con tesserino ministeriale una enormità: per il solo anticipo sulla vendita di 450 volumi («c'erano degli erbari, c'erano libri di zoologia, c'erano libri di fisica, c'era il primo libro sull'agopuntura cinese, il primo libro sulla pazzia scritto nel Settecento...») De Caro incassò un milione. Se una parte di quei libri possono essere recuperati, però, appare sempre più sconvolgente il danno fatto, con la complicità di padre Sandro Marsano, l'ex conservatore, alla biblioteca dei Girolamini. Per fare sparire i pezzi più pregiati, circa centomila volumi sono stati spostati e gli antichi cataloghi manomessi, tagliati e raschiati per cancellar le tracce. Una devastazione forse irrimediabile. Il tutto grazie all'«errore» di qualche politico che pensa di poter scegliere gli «esperti» così... Ditecelo: quanti altri Marino Massimo De Caro ci sono in giro?

Gian Antonio Stella
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Messaggio Da miss marple Lun 8 Ott 2012 - 9:54

Questo articolo merita un commento a parte, quindi ho deciso di aprire in questa stessa sezione il topic ''speakcorner'' per tutti quelli che vorranno dire la loro su ciò che li indigna.
In giornata lo apro muscoli
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Messaggio Da La Sкaßalqaatsaя Lun 8 Ott 2012 - 11:44

scusate, io mi rendo conto del disastro ma ho davvero le lacrime agli occhi dal ridere. che poi a me galan sembra di sentirlo, cioè. niente mi viene troppo da ridere. ma come si fa, dai
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Messaggio Da miss marple Lun 8 Ott 2012 - 11:50

io non ci trovo niente da ridere, anzi è proprio da piangere
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Messaggio Da La Sкaßalqaatsaя Lun 8 Ott 2012 - 13:46

lo so ma è talmente da pazzi, dai cioè

ma poi quello galan che non si rende conto di niente e dà un incarico del genere veramente al primo che capita solo perchè glie l'ha detto dell'utri.

che poi, adesso, chi glielo dice ai magnati russi che devono restituire i libri? e quelli che risponderanno?
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Messaggio Da sturmunddrang Lun 8 Ott 2012 - 16:00

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Messaggio Da La Sкaßalqaatsaя Lun 8 Ott 2012 - 23:27

è la risposta dei magnati russi??
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Messaggio Da miss marple Mar 9 Ott 2012 - 12:01

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Messaggio Da miss marple Mar 16 Ott 2012 - 12:36


http://www.corriere.it/editoriali/12_ottobre_16/una-spenta-idea-del-nostro-paese-ernesto-galli-della-loggia_9c95300a-174d-11e2-834a-587475fb3e23.shtml

Corriere della Sera > Editoriali

LA VISTA CORTA DELLA POLITICA
Una spenta idea del nostro Paese
Il Paese è nella gabbia della politica dei partiti, ogni giorno succede di tutto ma da anni non cambia nulla

Una gabbia d'acciaio intorno a un corpo piagato, che con la scusa di sorreggerlo in realtà lo tiene prigioniero aggravandone le piaghe: questo oggi è il rapporto in Italia tra la politica e i partiti da un lato, e la compagine sociale dall'altra. Non ci sono cattivi da una parte e buoni dall'altra, no: semplicemente un morto che tiene un vivo che vuole vivere. Il Paese è nella gabbia della politica dei partiti, destinato dalla loro immobilità ad un «presentismo», come lo ha chiamato Roberto Esposito, nel quale ogni giorno succede di tutto ma da anni non cambia nulla. Mai nulla di sostanziale. Consumata nel 1991-93 la frattura con le culture storiche del nostro Novecento (il socialismo, il fascismo, il cattolicesimo politico, il comunismo gramsciano), da allora la politica della Seconda Repubblica è immersa in un torpido presente senza vita. Da vent'anni non è più in grado di immaginare alcun futuro per il Paese, di offrirgli una visione.

Il motivo più vero e profondo è principalmente uno: perché la politica ha smarrito il senso del passato; perché nei suoi attori e nei suoi istituti - come del resto in tanta parte del Paese - si è spenta ogni idea d'Italia e della sua storia; di che cosa sia l'Italia. Distruggere un paesaggio o deturpare una piazza; lasciare che biblioteche, archivi, musei, siti archeologici si sperdano e di fatto muoiano o cadano in rovina; accettare che nomi e luoghi antichi del lavoro e dell'industriosità italiana siano acquisiti dall'estero; consentire che il sistema d'istruzione escluda sempre più dai suoi programmi interi segmenti della cultura nazionale (a cominciare dalla lingua); è questo il vuoto che abbiamo creato, presi troppo spesso dalla fregola insulsa che ciò volesse dire essere «moderni». Senza capire che sul vuoto, però, è impossibile costruire; e che poi, a riempirlo, non bastano le mitologie d'accatto.

Dobbiamo ricominciare dall'Italia, ritornare a guardare ad essa. Sì, l'Europa naturalmente, ma è qui, entro di noi, nella nostra storia, che qualcosa si è inceppato, ed è da qui che dobbiamo ricominciare: dalla necessità di ricostruire un filo e un legame con il passato, di tornare a pensare a ciò che siamo stati. L'unica speranza che il Paese stia in piedi e reagisca, oggi risiede nella sua consapevolezza della propria identità. Non per accrescere il Pil o la produttività, infatti; non per fare i compiti richiesti da qualche lontano maestro; ma solo in nome di un'idea di sé e del proprio destino una comunità può essere chiamata a fare i sacrifici più duri e trovare la forza di rialzarsi. Dobbiamo ricordare quanto ci è costato arrivare fin qui: la nostra originaria miseria, le lotte per vincerla, i morti disseminati lungo tutte le sanguinose vie del Novecento; ma pure le idee, le immagini, i libri, le musiche che sono usciti da questi luoghi. Così come dobbiamo ricordare che la politica non è sempre stata ladrocini, corruzione o ideologie dissennate, ma ha pure voluto dire speranze di libertà e movimenti di emancipazione, intelligenza del mondo, mobilitazione di passioni e di solidarietà, capacità di darsi ad una causa.

Se vuole avere un futuro, l'Italia ha bisogno di tornare a credere in se stessa, e per far ciò ha bisogno di ritrovare quel senso e quel ricordo di sé che ha smarrito. È su questo tavolo che al di là di ogni cosa si giocherà la vera partita del prossimo confronto elettorale. L'alternativa è una sottile disperazione, e il rassegnato governo del declino.

Ernesto Galli Della Loggia
16 ottobre 2012 | 8:52

Di solito non sono d'accordo col pensiero di Galli della Loggia, ma questa volta mi ritrovo in ciò che scrive
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Messaggio Da Sherazade Mer 17 Ott 2012 - 15:48

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Iva Zanicchi è sempre più impegnata in politica e adesso ha deciso di scendere in campo in prima persona fondando un suo partito. Lo storico volto di Ok, il prezzo è giusto! ha rivelato al settimanale Oggi di avere pronto anche lo slogan: "Adesso basta".

La Zanicchi, europarlamentare, ha raccontato che le è stato "proposto di fare una lista formata da politici di vari schieramenti, ma anche da imprenditori, casalinghe, operai, finanzieri, medici, giudici" e di essere stata contattata da vari. "Io appoggerei Monti - ha detto - anche se avrei voluto un suo maggiore impegno nel contrastare i privilegi della politica".

La conduttrice sembra quindi aver rimesso in discussione l'idea di tornare a fare tv, anche se ha confermato che sta preparando uno spettacolo per il teatro, un disco e un libro. La politicà l'ha conquistata e per i suoi colleghi non ha risparmiato commenti: "Renzi mi piace, ma lo stanno già rottamando - ha sottolineato la Zanicchi - a Berlusconi sono riconoscente, ma ne parlo al passato perché mi ha profondamente deluso: si è circondato di persone sbagliate". E Roberto Formigoni? "Mi auguro che sia innocente, ma di sicuro ha disilluso". Infine, Iva ha detto la sua anche su Nicole Minetti: "Al suo posto mi sarei dimessa. Mi vergognerei come una ladra".

da home page di Virgilio


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Messaggio Da miss marple Mer 17 Ott 2012 - 15:57

La Minetti avrà da vergognarsi, ma non è che lei può guardarsi allo specchio tranquillamente eh.
Non c'è niente da fare, lo sport migliore che sanno fare gli italiani è quello di salire a bomba sul carro del vincitore e di scenderne prima che arrivi allo strapiombo muscoli
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Messaggio Da Sherazade Mer 17 Ott 2012 - 15:59

miss marple ha scritto:La Minetti avrà da vergognarsi, ma non è che lei può guardarsi allo specchio tranquillamente eh.
Non c'è niente da fare, lo sport migliore che sanno fare gli italiani è quello di salire a bomba sul carro del vincitore e di scenderne prima che arrivi allo strapiombo muscoli

Very Happy
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