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La settima arte

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Messaggio Da miss marple Dom 1 Set 2013 - 9:48

niente trailer?
non ci racconti la trama? fon 
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Messaggio Da La Sкaßalqaatsaя Dom 1 Set 2013 - 15:31

eh adesso  scrivo qualcosa 


dopo giorni e giorni...
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Messaggio Da miss marple Lun 2 Set 2013 - 11:09

applicati sorrisodiscuse 
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Messaggio Da La Sкaßalqaatsaя Lun 2 Set 2013 - 11:42

eh
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Messaggio Da miss marple Mar 3 Set 2013 - 11:12

.
Festival di Venezia 2013, choc per Miss Violence. Sesso e suicidi nel film di Avranas
Fa discutere la pellicola presentata dal regista greco: una taciuta e raccapricciante rappresentazione della violenza quotidiana tra le quattro mura domestiche, con una storia di violenza fisica, sessuale e psicologica


Sottomissione, violenza familiare e incesto. Al 70esimo Festival di Venezia, in un concorso dai troppi sbadigli e dalle limitate sorprese, è il giorno del film greco Miss Violence. Ci volevano le gesta ignobili di un orco, dalle sembianze comuni di un esigente e autoritario capofamiglia, come il protagonista del film di Alexandros Avranas, per ritrovarsi di fronte ad una taciuta e raccapricciante rappresentazione della violenza quotidiana tra le quattro mura domestiche. Il tonfo, giù dal terrazzo, con una verticalità rosselliniana, della figlia undicenne Angeliki, proprio il giorno del suo compleanno quando l’intero nucleo festeggia meccanicamente l’evento, apre lo squarcio esistenziale di un tranquillo gruppo di famiglia in un interno ateniese, nell’anno di crisi 2013.

Un uomo maturo, senza nome riconoscibile se non quello di “padre”, sfodera un bigio completino da impiegato – precario – e controlla la silente e livida moglie, una complessata figlia trentenne, la sveglia nipote 14enne e due bimbi di 8 anni Filippos e Alkmini. Basta poco per capire che quel suicidio iniziale, sottolineato da un dolente sorriso dalla bimba che si getta nel vuoto, è il passaggio obbligato per entrare, e rimanere, dentro all’appartamento dell’orrore. Lo schema gerarchico del capofamiglia è chiaro. Organizza le vite, le mansioni, le parole e quasi i pensieri degli abitanti della casa: toglie moltissimo per poi dare pochissimo, schiaffeggia e poi accarezza, usa violenza su tutti e poi ripara con qualche pallina di gelato. Un lento crescendo di suspense dove si accumulano i gesti ripetuti del padre/nonno, l’effetto dell’oppressione sulle singole ragazze e gli abusi sessuali sulla figlia, sulle nipoti (figlie anch’esse?) portate in dono ad amici e sconosciuti, per guadagnarci qualche decina di euro.

Il tutto avvolto in una patina conformista, senza volgarità o esibizione di dettagli pruriginosi. “Sono storie che accadono accanto a noi, ma nessuno le vuole vedere e finge di non percepirle oltretutto questa è tratta da una storia vera ancor più disumana di come l’abbiamo descritta”, ha spiegato il giovane Avranas al suo secondo lungometraggio, “Vivendo in una società in cui non si vuole guardare oltre le apparenze, basata su criteri patriarcali, saremo sempre repressi, non ci sarà mai nessuno che vuole fare la rivoluzione”. Anche se Avranas ci tiene a mantenere la dimensione politica sul piano simbolico: “Nelle società patriarcali la violenza viene insegnata da chi detiene il potere. E a questa violenza siamo abituati e paradossalmente se non c’è, ne sentiamo la mancanza”.

Non mancano i riferimenti narrativi alla situazione di crisi economica del singolo nucleo familiare: il padre è ragioniere, ma a termine; la madre e le figlie non lavorano e l’intero gruppo vive di sussidi dello stato: “Quando i servizi sociali fanno l’ispezione nell’appartamento e non si accorgono di nulla, non mi volevo assolutamente riferire agli ispettori Ue che arrivano in Grecia e non capiscono che accade. E’ l’ente statale che preferisce non vedere nascondendosi dietro al suo ruolo formale. Ho cercato invece di portare una critica profonda alla società sul piano simbolico come faceva Pasolini”.

L’autore di Uccellacci e Uccellini, in compagnia di Haneke – basti pensare ad Amour – rimane il punto di riferimento estetico e morale del cinema di Avranos e del film: macchina da presa perlopiù fissa, movimenti circolari e piani sequenza che si contano sulle dita di una mano, silenzi e particolari non visti quando invece si potevano spettacolarizzare: “Il ritmo mi è stato imposto dal film e ho scelto la tranquillità. Apparentemente in Miss Violence non accade nulla, ma non potevo di certo nascondermi dietro un naturalismo pornografico della visione”. Difficile che la giuria si dimentichi di questa importante sorpresa del Festival.
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Messaggio Da miss marple Sab 7 Set 2013 - 11:04

Festival di Venezia 2013

Buono in generale il livello medio delle opere ma nessun film ha fatto gridare al capolavoro. E la critica si è sempre divisa. Poche le star internazionali, sul red carpet soprattutto le stelle di casa nostra



VENEZIA - Un vincitore ideale di questa Venezia 70 c'è ed è il passato. Lo dimostrano il successo della sezione dei classici restaurati - Le mani sulla città di Francesco Rosi, La proprietà non è più un furto di Elio Petri, Il salario della paura di William Friedkin solo per citarne alcuni dei quali si è riscoperta la grande attualità - gli applausi che hanno salutato i frammenti dei cinegiornali del Luce dedicati alla storia della Mostra, l'entusiasmo commosso per l'incontro di due maestri, Ettore Scola che racconta Fellini in Che strano chiamarsi Federico. Certo non era questo, almeno non soltanto, l'obiettivo del direttore Alberto Barbera, che in un tempo di cinema frammentato nella forma, nel linguaggio e nel consumo ha costruito un programma tutt'altro che omogeneo, con spazio per autori "sicuri", opere prime, vere e proprie, coraggiose, sfide. Come l'inserimento di due documentari in concorso, Sacro GRA di Gianfranco Rosi e The unknown known in cui Donald Rumsfeld, l'artefice della guerra in Iraq, si racconta con tutte le sue contraddizioni, e uno per la serata finale, Amazonia di Thierry Dagobert, o di film provocazioni come le tre ore di La moglie del poliziotto del tedesco Philip Groening sulla violenza domestica, le efferatezze di Child of God di James Franco, di Moebius di Kim Ki-duk.


Le sfide in gran parte sono state vinte, in alcuni casi parte del pubblico è uscito ma le sale non si sono mai svuotate. I pareri critici si sono spesso divisi ma non c'è mai stato un unanime rifiuto per uno o un altro film. Qualche delusione, certo, come per l'ultimo Terry Gilliam di The Zero Theorem o l'atteso Under the skin di Jonathan Glazer, ma nessuna reazione scandalizzata. I momenti di noia non potevano mancare, non mancano in nessuna manifestazione.

In realtà il festival, calcolando tutte le sezione oltre al concorso, ha raggiunto un buon livello medio, anche se nessun film ha fatto gridare al capolavoro assoluto, a parte il consenso totale per Philomena di Stephen Frears, con l'equilibro tra comico e drammatico di una sceneggiatura perfetta e le belle interpretazioni di Judy Dench e Steve Coogan. La sfida di Barbera ha riguardato anche il cinema italiano, in concorso con un maestro, Gianni Amelio, una debuttante, Emma Dante, un documentarista, Gianfranco Rosi, che peraltro con Sacro GRA ha vinto il Leoncino d'oro che secondo tradizione anticipa qualche riconoscimento importante da parte della giuria, presieduta quest'anno da Bernardo Bertolucci.

Anche il dissenso di alcuni a una delle proiezioni stampa di L'intrepido, di Gianni Amelio, è stato superato dall'accoglienza entusiasta del pubblico. Ma la sfida è stata vinta anche grazie alla presenza italiana nelle altre sezioni. Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oleotto ha vinto il premio della Settimana della Critica assegnato dal pubblico, L'arte della felicità di Alessandro Rak ha avuto il premio Arca del Cinema Giovani, senza contare l'attenzione della stampa internazionale per tanti altri titoli, da Piccola patria di Alessandro Rossetto a Still life di Uberto Pasolini, anche per mediometraggi come il toccante documento di Mario Sesti e Teho Teardo La voce di Berlinguer o Con il fiato sospeso di Costanza Quatriglio.



Un discorso a parte merita il glamour. Dopo i primi giorni eccitati con la presenza di George Clooney, Sandra Bullock, Scarlett Johansson, Judy Dench, James Franco, Daniel Radcliffe, che ha richiamato un antico delirio di giovanissime, la folla del tappeto rosso ha salutato più che altro nomi di casa nostra, Paola Cortellesi, Michele Riondino, Giuseppe Battiston, solo per citarne alcuni, perfino a un imbarazzato Walter Veltroni è stato richiesto di posare per una foto e di firmare autografi. Ma il glamour internazionale ha un costo, il tappeto rosso del Lido non ha lo stesso richiamo di quello di Cannes, la Mostra ha scelto di competere, semmai, con una varietà di cinema che, come dice Barbera, ha raccontato "il presente tra passato e futuro".
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Messaggio Da miss marple Lun 9 Set 2013 - 9:51


Il Leone d’oro corre sul GRA
Mostra del Cinema di Venezia - Bertolucci: “Rosi? Ha vinto perché ci ha sorpreso”
Venezia 2013 - La Giuria Festival di Venezia 2013, il Leone d’oro dei critici italiani a Philomena di Frears


Festival di Venezia 2013, i vincitori: Leone d’oro al Sacro Gra di Rosi
Il Gran premio della Giuria assegnato "Stray dogs" di Tsai Ming-Liang. I migliori attori sono Elena Cotta per il film Via Castellana Bandiera di Emma Dante e Themis Panou interprete di Miss Violence del regista greco Avranos


Il 70° concorso della Mostra del Cinema di Venezia ha i suoi vincitori. La giuria, presieduta da Bernardo Bertolucci, ha assegnato il Leone d’oro al film Sacro Gra diretto dal regista italiano Gianfranco Rosi. Il Leone d’argento invece è stato a Miss Violence di Alexandar Avranos. Il Gran premio della Giuria assegnato “Stray dogs” di Tsai Ming-Liang.

A 15 anni dalla vittoria di Gianni Amelio con “Così ridevano”, l’Italia torna ad aggiudicarsi il premio piu’ importante della Mostra del Cinema di Venezia con il documentario sul Grande Raccordo Anulare di Roma, che inaugura così nel migliore dei modi la novità del cinema documentario nel concorso principale del Lido.

“Mai mi sarei aspettato di vincere. Non dobbiamo avere paura di questa parola, ‘documentario’. Ringrazio Bertolucci – dice Rosi – il suo è stato un atto di coraggio“. Il regista ha quindi dedicato il premio “a tutti i personaggi del film che mi hanno fatto entrare nelle loro vite per tre anni”.

I migliori attori, che vengono premiati con la Coppa Volpi, sono Elena Cotta per il film Via Castellana Bandiera di Emma Dante e Themis Panou interprete di Miss Violence del regista greco. Tye Sheridan vince il premio Marcello Mastroianni per il migliore attore per il film “Joe” di David Gordon Lee.

Il premio speciale della Giuria è andato a “Die frau des Polizisten” di Philip Gronig. La miglior sceneggiatura è andata a Steve Coogan e Jeff Pope per la pellicola “Philomena” di Stephen Frears, molto amato dai critici italiani

Il premio Orizzonti al migliore cortometraggio è andato a ‘Kush’ di Shubhashish Bhutiani. Il premio speciale per il Contenuto innovativo a ‘Mahi Va Gorbeh’ (Fish & Cat) di Shahram Mokri. A ‘Ruin’ di Michael Cody e Amiel Courtin-Wilson il premio speciale Orizzonti. La migliore regia Orizzonti è stato assegnato a ‘Still Life” di Uberto Pasolini. Il premio Orizzonti per il Miglior film a ‘Eastern Boys’ di Robin Campillo. Il Leone del Futuro, consegnato da Carlo Verdone, è stato assegnato a ‘White Shadow’ di Noaz Deshe.
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Messaggio Da sturmunddrang Ven 15 Ago 2014 - 17:20

Tutti i cameo di Alfred Hitchcock

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Messaggio Da miss marple Dom 17 Ago 2014 - 9:39

grazie Sturm, li avevo visti in un documentario su hitchcock su rai 5
adesso li metto in memoria  grazie 
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Messaggio Da miss marple Lun 25 Ago 2014 - 16:51


Festival di Venezia 2014, niente glamour e ironia. Apre “Birdman” di Iñàrritu
Dal 27 al 31 agosto la Mostra al Lido diretta da Alberto Barbera. In programma 55 lungometraggi. Attesa per 'La trattativa' di Sabina Guzzanti, 'Belluscone' di Franco Maresco e 'Pasolini' dell’italo- bronxiano Abel Ferrara


Guerra, letteratura, la Francia e Berlusconi. E tante ossessioni, crisi economico-esistenziali, drammoni e tragedie con ben poco glamour e risate in menù. Benvenuti alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, edizione 71esima e terzo anno per la direzione di Alberto Barbera, che alla vigilia si lascia scappare un “potrebbe rivincere un film italiano”. O forse no. Presto e incauto a prevedersi, meglio puntare sulle certezze. Tipo che dal 27 agosto al 6 settembre vedremo 55 nuovi lungometraggi (più i 9 della Settimana della Critica e una quindicina dei Venice Days – Giornate degli Autori), su 1600 visionati, di cui 20 concorrenti a Venezia 71, 18 in concorso a Orizzonti, 17 fuori concorso.

Apre la black comedy Birdman – Le imprevedibili virtù dell’ignoranza di A. G. Iñàrritu (un messicano, proprio come nel 2013 con Cuaròn e il suo Gravity) che porta subito sul red carpet del Lido un nutrito gruppo di star, dal protagonista Michael Keaton ad Edward Norton, Emma Stone e Naomi Watts. Ma anche, pare, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il Ministro dei beni culturali Dario Franceschini. Maestra “madrina” d’ufficio è Luisa Ranieri, presidente di Giuria il compositore francese Alexandre Desplat come transalpini sono il main sponsor Renault e la maggioranza dei titoli in concorso, ben quattro – ovvero quanto gli americani ed uno in più degli italiani, tradizionalmente presenti con tre film di cui già si spendono magnificenze.


Specie sull’ndrangheta movie di Francesco Munzi, Anime nere, sua opera terza, girato nell’impenetrabile Africo, cuore aspromontino. E mentre Mario Martone continua a rileggere l’Ottocento italiano attraverso i tormenti leopardiani (Il giovane favoloso), Saverio Costanzo porta dei cuori affamati a New York con Hungry Hearts. Va da sé che se ne parlerà parecchio nei prossimi giorni, ma mai quanto degli “scomodi” La trattativa di Sabina Guzzanti (fuori concorso, e che già accusa di codardia il direttore che non ha osato farla concorrere), Belluscone di Franco Maresco (Orizzonti) nonché Pasolini dell’italo- bronxiano Abel Ferrara.

Ma l’Italia in Mostra (sono circa 25 in totale gli esponenti dal Bel Paese, scelti da “177 film visionati”) guarda parecchio al suo passato d’archivio, vuoi che si tratti dell’Istituto Luce (il collettivo 9×10 NOVANTA) o di quello Nazionale Cinema d’Impresa di Ivrea (La Zuppa del Demonio di Davide Ferrario) o di mescolanze (Patria di Felice Farina) e addirittura alla I Guerra Mondiale con la preapertura il 26 agosto alle 20.15 nella rinnovata Sala Darsena, con il Maciste Alpino del 1916, muto e splendido, per la regia di Maggi & Borgnetto supervisionati da Pastrone.

Stando in tema bellico, che ricorre spesso nel cinema in Mostra, atteso è il mastodontico (183’) nuovo di Fatih Akin – The Cut – sul genocidio armeno, ma anche il documentario The Look of Silence dello statunitense Joshua Oppenheimer – naturale “sequel” del magnifico The Act of Killing sulla guerra tra gangster in Indonesia, nonché Good Kill di Andrew Niccol (anche lui statunitense) sui droni ad usum belli. Americani e antidivi sono anche i due Leoni alla Carriera 2014: la geniale montatrice Thelma Schoonmaker (“senza la quale Scorsese non sarebbe Scorsese”) e il maestro documentarista Frederick Wiseman.
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Messaggio Da La Sкaßalqaatsaя Mar 26 Ago 2014 - 18:58

so che ci sono anche film qatarioti,almeno uno, secondo me sarebbe molto interesante  vedere che tipo di cinema fanno  questi. 

sul sito della biennale è disponibile tutta la programmazione  in  pdf. io vorrei andare  ma sono sotto esamissimo  cakkio
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Messaggio Da sunflower Mar 26 Ago 2014 - 20:05

In bocca al lupo scass! Facci sapere come va,ma sono certa che andrà bene. sisi amici bacio ok
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Messaggio Da sturmunddrang Mer 27 Ago 2014 - 15:41

alcuni film li trasmettono anche in streaming (a pagamento ovviamente) su questo sito https://boxoffice.festivalscope.com/
e anche questo http://www.mymovies.it/
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Messaggio Da miss marple Ven 4 Set 2015 - 15:33


Festival Venezia 2015, le terribili verità di ‘Spotlight’ sullo scadalo pedofilia nella Chiesa americana: “Vorrei che Papa Francesco lo vedesse”
di Davide Turrini

"La Chiesa Cattolica potrebbe guarire e lenire le ferite che ha provocato”. Sono lapidari quasi in coro Thomas McCarthy e Mark Ruffalo, regista e interprete principale di questa pellicola di forte impatto: “Quello che raccontiamo nel film è tutto vero, abbiamo seguito gli atti dell’inchiesta giornalistica del Globe. Sono resoconti completi, impossibili da negare”, spiegano ancora in conferenza stampa


“Vorrei che Papa Francesco, i vescovi, i cardinali, vedessero questo film. La Chiesa Cattolica potrebbe guarire e lenire le ferite che ha provocato”. Sono lapidari quasi in coro Thomas McCarthy e Mark Ruffalo, regista e interprete principale di Spotlight: film Fuori Concorso al 72esimo Festival di Venezia, interamente dedicato all’enorme scandalo di pedofilia e abusi sessuali che travolse la Chiesa Cattolica americana all’inizio del 2002, grazie agli articoli del Boston Globe. L’epicentro fu la diocesi di Boston, ma il terremoto si propagò in pochi mesi in tutto il Massachussets e in decine di altre città degli Stati Uniti, soprattutto tra vittime bianche e della costa Est. Basta far parlare il rullo finale dopo due ore di buon cinema che ricorda i grandi lavori di Sidney Lumet e Alan J. Pakula: 250 preti coinvolti, oltre 1000 vittime, 600 articoli pubblicati. In pratica dal 1976 a Boston il cardinali responsabili e la diocesi bostoniana hanno coperto ogni tipo di abuso sessuale commesso da preti soprattutto su ragazzini minorenni: prima trasferendo i “fratelli” scoperti in flagranza di reato, poi grazie alla propria posizione di potere istituzionalizzato in città ammorbidendo polizia, amministratori, famiglie dei ragazzi, direttori di giornali e uomini d’affari. Infine, stipulando un tacito accordo con diversi avvocati consenzienti per arrivare ad un rapido patteggiamento, poi occultato dagli archivi dei tribunali, oppure dissuadendo le famiglie spesso povere e indigenti a far causa alla diocesi visto che, come viene spiegato nel film l’immunità per un ente come la Chiesa prevedeva la prescrizione dei reati dopo tre anni e una pena massima per ogni vittima di soli 20mila dollari.

“Quello che raccontiamo nel film è tutto vero, abbiamo seguito gli atti dell’inchiesta giornalistica del Globe. Sono resoconti completi, impossibili da negare”, spiegano in conferenza stampa il regista e due degli attori del superbo cast, Mark Ruffalo e Stanley Tucci. Tanto che Spotlight – il titolo è mutuato dal pool di giornalisti del Globe rintanato in uno scantinato della redazione che si è occupato di indagini delicate fin dagli anni settanta – affonda lentamente il proprio incedere di ricerca storica, messa in scena mai sopra le righe, recitazione sublime tutta confronti a viso aperto e dialoghi a due, nel ventre molle dell’omissione benedetta. Un film dolorosissimo che scava negli abissi dell’intimo patimento più che nella sbandierabile indignazione. McCarthy usa spesso la parola “sopravvissuti” per le vittime degli abusi ecclesiali, parla di “abuso fisico ma anche spirituale, di tradimento della fede”: “i ragazzini, spesso di dieci-dodici anni, non sapevano che stavano confidandosi con i loro carnefici, si fidavano di quei preti, per loro come per le loro famiglie la religione cattolica in cui credevano contava moltissimo. Non avevo mai avuto particolare interesse sul tema della pedofilia dei preti cattolici a Boston, dopo aver girato il film ho cominciato a pensare quanto sia diabolico questo crimine su degli innocenti”.

Ad ogni angolo di Boston c’è una chiesa, un edificio che materialmente si staglia ad ogni chilometro di strada. Un potere fisico, un muro insormontabile che viene improvvisamente sgretolato dall’investigazione del pool giornalistico Spotlight. Se oggi a Boston molte di queste chiese sono chiuse, perché la diocesi ha dovuto pagare centinaia di vittime uscite allo scoperto e non ha più soldi per tenerle aperte, lo si deve a Michael Rezendes (Mark Ruffalo), Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams), Matt Carroll, e al capo del team d’inchiesta Walter Robinson, uno straordinario Micheal Keaton che sta rivivendo dopo Birdman una “terza” giovinezza. Chiaro però, anche dentro al cosiddetto quarto potere bostoniano qualcosa non quagliava da decenni. Solo la pervicacia dei membri del piccolo pool, e un direttore della testata – Marty Baron – proveniente da un’altra città, è stata decisiva per scardinare il silenzio che ha avvolto lo scandalo.

“Il team Spotlight per fortuna esiste ancora – spiega McCarthy – anche se il giornalismo d’inchiesta negli ultimi anni ha subito grossi tagli soprattutto per via di ridimensionamenti economici nei giornali. Spero che una stampa libera continui ad esistere sempre. E’ un principio basilare per la democrazia”. “E’ iniziata una nuova era per i media e l’informazione”, conclude Ruffalo, attore spesso impegnato in molte battaglie politiche negli Stati Uniti. “I lettori cercano sempre più credibilità nei giornali, soprattutto sul web. E poi esistono già i giornali del futuro, quelli che vivono finanziati direttamente dai loro lettori, che contribuiscono anche per singole grandi investigazioni poi da pubblicare”.
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Messaggio Da miss marple Ven 4 Set 2015 - 15:38

uhm.......lo metto qua o in fichissimi?? mah
va beh dai faccio la seria lo metto qua rimba

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ingrassato per esigenze film, ha cmq un suo perchè chupa

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Messaggio Da La Sкaßalqaatsaя Dom 6 Set 2015 - 17:57

su fb e in giro in rete c'è la veglia funebre alla sua figaggine
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Messaggio Da sunflower Lun 7 Set 2015 - 15:55

ahahahah addirittura Laughing
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Messaggio Da sturmunddrang Lun 7 Set 2015 - 20:50

in effetti ...... poi tutto quel corredo di anelli e catene non giova ... naaaah
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Messaggio Da miss marple Gio 10 Set 2015 - 16:09

zingaro chi sei, figlio di boemiaaaaaa Very Happy
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Messaggio Da sunflower Ven 11 Set 2015 - 12:47

Laughing
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Messaggio Da La Sкaßalqaatsaя Gio 17 Set 2015 - 9:05

miss marple ha scritto:zingaro chi sei, figlio di boemiaaaaaa Very Happy

non colgo Crying or Very sad Crying or Very sad
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Messaggio Da miss marple Lun 28 Set 2015 - 16:23

(H. Giraud – P. Cour – Leo Chiosso)
* Dalida
Zingaro, chi sei?
Figlio di Boemia.
Dimmi, tu perchÚ
sei venuto qui?

Quando mi stancai
dell’Andalusia.
E tu vecchio dimmi, come fu?
La mia terra ormai non esiste più.

I cavalli son stanchi
nell’umida sera
ma la folta criniera
sembra il vento invocar.

Stan gli zingari attorno
alle fiamme splendenti
destan ombre giganti,
nel chiarore lunar.

Palpita allor
la canzon più bizzarra,
nasce dal cuor
quel vibrar di chitarra.

Questo Ú il canto di chi
non conosce frontiera,
Ú l’ardente preghiera
del gitano che va.

Very Happy
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Messaggio Da La Sкaßalqaatsaя Mar 29 Set 2015 - 19:24

adesso spieghi ilperchè della canzone e della faccina
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Messaggio Da sturmunddrang Mer 30 Set 2015 - 22:10

guarda che stava rispondendo a te cucu
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Messaggio Da miss marple Gio 1 Ott 2015 - 17:12

anfatti Surprised
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